Attacchi di panico
Sempre più frequentemente si sente parlare del disturbo da attacchi di panico (che per velocità viene chiamato DAP), di cui si possono leggere notizie dal web, nelle riviste, parlando con amici e conoscenti. Utilizziamo la parola “panico” quasi con disinvoltura, riferendoci a tutte quelle situazioni della vita che ci spaventano o ci mettono alle strette: “mi fai venire il panico”, “una cosa da panico”, “sono nel panico”. Quello che possiamo domandarci è perché questa sintomatologia si è così diffusa e quale significato racchiude.
L’etimologia della parola “Panico” è Panikòs, dal dio greco Pan, il cui nome significa “Tutto”. Il panico si presenta infatti come un terrore improvviso che sembra annullare la ragione, e tutto il mondo circostante. Ci si può sentire fisicamente sul punto di morire: il cuore batte forte, le mani tremano ed il sudore è freddo; la mente si riempie di pensieri molto brutti. Quello che forse spaventa più di tutto, è la comparsa improvvisa ed apparentemente inspiegabile di ciascun attacco di panico. Si viene a creare così una catena di panico che genera altro panico, rendendo difficile qualsiasi interpretazione dei propri sintomi. Ciascun attacco di panico, tuttavia, ha la sua storia, il suo filo rosso da seguire; è la storia di una sofferenza che può “attaccare” letteralmente una persona, gettandola nel panico e togliendole fiato peed apparentemente inspiegabile di ciascun attacco di panico. Esso può attaccarci in qualsiasi momento della giornata, ovunque: in aula, in una piazza, a casa, la sera prima di andare a letto. Non sempre riusciamo a creare un collegamento di causa-effetto tra ciò che stavamo facendo prima ed il panico, scoppiato in seguito.
Si viene a creare così una catena di panico che genera altro panico, rendendo difficile qualsiasi interpretazione dei propri sintomi. Il panico si spande come una macchia d’olio nella nostra quotidianità, allontanandoci sempre di più dalla possibilità di pensare, e di sentire, quello che ci accade.
Ciascun attacco di panico, tuttavia, ha la sua storia, il suo filo rosso da seguire; è la storia di una sofferenza che può attaccare letteralmente una persona, gettandola nel panico e togliendole fiato per parlare. Non è una storia che si può spiegare in un giorno o con un evento solo; questo non rende però impossibile l’impresa. Il sintomo, l’attacco di panico per intenderci, può essere quella mano che si tende verso l’altro e verso di sé per chiedere aiuto e per recuperare il significato perduto per strada.
La psicoterapia può essere quel luogo, il luogo delle parole a cui è stato tolto il fiato, in cui provare a fermare il tempo vertiginosamente veloce in cui il panico ci ha gettati.